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- L’opera, libera trasposizione del Filottete di Sofocle, finora è stata messa in scena in due istituti di detenzione e in occasione del 29mo Festival internazionale del teatro classico dei giovani.
- Il 22 luglio 2025, alle 21, sarà rappresentata al Teatro d’estate di Noto, in provincia di Siracusa, per la regia di Manuela Caramanna.
- Di seguito, proponiamo la prefazione de Lo storpio di Lemno (Rubbettino, 2025) a cura della regista che ne ha anche curato l’allestimento al Festival internazionale del teatro classico dei giovani.
Questo è un capo roccioso dell’isola di Lemno,
non toccato da passi umani, disabitato.
Proprio qui, Neottolemo, creatura del più forte dei Greci,
figlio di Achille, proprio qui abbandonai un giorno
l’uomo della Malide, il figlio di Peante;
lo feci per ordine dei comandanti;
perdeva sangue dal piede, per una piaga purulenta;
non potevamo allora né libare né sacrificare
tranquilli, ma senza posa assillava l’intero
accampamento con le sue urla selvagge,
gridava, urlava.Sofocle, «Filottete»
di Manuela Caramanna
Lo storpio di Lemno (Rubbettino, 2025) di Carmelo Greco è una pièce in due atti liberamente tratta dal Filottete di Sofocle. Il testo originale, composto nel 409 a.C., racconta la vicenda di Filottete, arciere infallibile abbandonato sull’isola di Lemno a causa di una ferita infetta da cui emana un odore insopportabile.
Sono passati dieci anni da quando Odisseo e gli altri capi greci decisero di disfarsi del compagno d’armi. Adesso, però, è stata vaticinata l’impossibilità di sconfiggere Troia senza l’arco e le frecce dello «storpio», motivo per cui Odisseo convince Neottolemo, giovane figlio di Achille, a raggirarlo con l’inganno per impossessarsene.
Dal Filottete di Sofocle allo Storpio di Lemno

Prendendo le mosse dalla tragedia, Lo storpio di Lemno ingigantisce le situazioni e aggiunge alcuni personaggi non presenti nella versione sofoclea alternando linguaggi diversi in funzione dei ruoli. In particolare, inventa e fa esprimere la figura del comandante della nave con periodi ampollosi e roboanti tipici del miles gloriosus di plautina memoria. Odisseo, invece, incarna il bauscia, lo spaccone milanese che crede di poter ottenere tutto con l’inganno. Ci sono poi altri personaggi minori, come il pastore, che parla con un dialetto siculofono tipico della zona di Bronte e dintorni.
Luigi Pirandello aveva condotto un esperimento filologico simile. Su richiesta dell’autore conterraneo Nino Martoglio aveva tradotto il dramma satiresco Il ciclope di Euripide scrivendo U ciclopu. Nella rielaborazione comica dell’episodio omerico, il premio Nobel scelse di utilizzare tre registri diversi: uno per Sileno, uno per Polifemo e un altro per Ulisse, in modo da connotare l’appartenenza a una classe sociale differente. In bocca al primo, divinità selvaggia dei boschi, mise una parlata da bassifondi; l’eloquio del ciclope, invece, apparteneva all’ambito contadino, con frasi semplici ed elementari; il re di Itaca, infine, spaziava continuamente dall’italiano al siciliano, a dimostrazione del suo cosmopolitismo.
Lo storpio di Lemno nella Casa circondariale di Siracusa
Lo storpio di Lemno in versione siciliana (il titolo era infatti U zoppu) è stato messo in scena il 19 luglio 2010 nella Casa circondariale di Siracusa per la regia di Liddo Schiavo. Allora i detenuti-attori, davanti a una platea formata da un centinaio di persone tra internati e ospiti, avevano solcato le onde immaginarie che Giorgio Zacco aveva realizzato, insieme a tutti i vari allestimenti scenografici. Gli interpreti avevano anche indossato i costumi dell’Inda, l’Istituto nazionale del dramma antico a cui si devono le rappresentazioni nel teatro greco di Siracusa. La scelta era stata fatta per ribadire, da parte degli organizzatori, la serietà di una proposta in cui il laboratorio teatrale non fosse inteso quale riempitivo per distrarsi durante le lunghe giornate di detenzione, ma come esercizio laico di ascesi collettiva.
Al Festival internazionale del teatro classico dei giovani
A distanza di quindici anni, Lo storpio di Lemno è stato riproposto sia nella Casa di reclusione di Noto, in provincia di Siracusa, sia a un gruppo di studenti e studentesse dei Licei classico, scientifico e delle scienze umane dell’Istituto di istruzione superiore «Michelangelo Bartolo» di Pachino, cittadina sempre in provincia di Siracusa. Questi ultimi hanno vestito i panni di Filottete e compagni il 4 aprile 2025, durante la Notte nazionale del Liceo classico, e il 12 maggio 2025, all’interno del XXIX Festival internazionale del teatro classico dei giovani organizzato dall’Inda nel teatro greco di Palazzolo Acreide.
Per orientarsi fra testo e contesto
In tutte le occasioni si è cercato di rimanere fedeli allo spirito dell’opera sofoclea, tragedia caratterizzata da una idea solida di speranza e di riscatto. Filottete, nel quale chiunque può facilmente identificarsi, è una figura commovente. La sua disperazione ha ragion d’essere e solo l’umanità del giovane Neottolemo, un fiulèt per gli standard di Odisseo (un picciriddhu, nella versione siciliana), riesce a muovere a pietà Eracle. Per chi trascorre lunghi periodi in carcere, magari tormentato da un senso di giustizia privativa, il dramma di Filottete è quanto di più vero gli possa capitare di conoscere, ascoltare o interpretare.
Se l’isola di Lemno richiama da vicino una colonia penale, venirne via guarito è una possibilità realistica che è giusto – e doveroso – coltivare. Analogamente, l’esperienza scolastica potrebbe essere vissuta come una prigione, se non si aiutano i discenti a comprendere il senso del loro studio e della loro fatica. Il lavoro speso attorno a una tragicommedia come Lo storpio di Lemno serve proprio a questo. A far scoprire qual è il legame tra una ragazza o un ragazzo di oggi e le vicende emblematiche partorite dall’ingegno di uno dei maggiori poeti tragici dell’antichità.
La prossima rappresentazione si terrà il 22 luglio 2025, alle 21, al Teatro d’estate di Noto, in provincia di Siracusa.
