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- Stefano Benni , noto soprattutto per la sua opera Bar Sport, è scomparso il 9 settembre 2025 all’età di 78 anni.
- Il suo talento poliedrico lo ha portato a cimentarsi con successo anche nel teatro e nel giornalismo, sempre con uno stile immediato e riconoscibile.
- Il figlio Niclas ha ricordato l’ultima richiesta del padre: «Gli sarebbe piaciuto che la gente lo ricordasse leggendo ad alta voce i suoi racconti».
Stefano Benni, l’autore di Bar Sport, se ne è andato il 9 settembre 2025. Scrittore eclettico, soprannominato “il lupo”, Benni ha lasciato un segno importante nel panorama culturale del nostro Paese, grazie a uno stile inconfondibile che mescola satira, ironia e poesia. Le sue opere, tra cui spiccano titoli come – oltre al già citato Bar Sport – La compagnia dei Celestini, Il bar sotto il mare e Margherita Dolcevita, sono diventate veri e propri cult per intere generazioni di lettori.
Le sue creazioni sono state tradotte in oltre trenta lingue, raggiungendo un pubblico internazionale e corroborando la sua fama di autore di culto.
Benni e quegli amati bar di provincia
Stefano Benni, con la sua penna arguta e il suo sguardo incisivo, ha saputo raccontare l’Italia e i suoi difetti con leggerezza e intelligenza. In particolare Bar Sport, pubblicato da Feltrinelli nel 1976, ha fatto sorridere milioni di italiani, che si sono riconosciuti nei personaggi esagerati ma reali che popolano le pagine del libro. Un vero e proprio spaccato della vita quotidiana, ambientato in un bar di provincia, dove le chiacchiere infinite e l’umanità varia e pittoresca riempiono le giornate.
Benni non si è limitato alla scrittura di romanzi e racconti. Il suo talento poliedrico lo ha portato a cimentarsi con successo anche nel teatro e nel giornalismo, sempre con uno stile immediato e riconoscibile. La sua capacità di parlare a tutti, senza mai rinunciare alla profondità e alla riflessione, lo ha reso uno degli autori più amati e popolari della nostra letteratura.
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Il bar di Stefano Benni, luogo di storie
Stefano Benni era un vero e proprio osservatore della realtà, capace di trasformare il quotidiano in straordinario attraverso la lente dell’ironia e della fantasia. Come ha ricordato in occasione del trentennale di Bar Sport, non provava nostalgia per il luogo fisico del bar, ma per le storie che vi ascoltava, storie «inventate, raccontate, esagerate, e soprattutto create personalmente». La sua avversione per l’omologazione e la standardizzazione del racconto lo ha portato, negli ultimi anni, a esplotare una dimensione trascendente, come testimonia il suo romanzo La grammatica di Dio (Feltrinelli, 2007). In quest’opera, il personaggio di Frate Zitto, incantato dalla luce azzurrina sui pioppi, decide di tacere per sempre, un silenzio che sembra quasi un presagio del silenzio di Benni stesso.
Un altro racconto significativo tratto da La grammatica di Dio è quello dedicato al fiammorgallo, lo spirito del camino che, per secoli, ha vegliato sugli umani, riparando spiedi e mescolando la polenta. Quando gli ultimi narratori si trasformano in meri fruitori televisivi, il fiammorgallo si dilegua, in cerca di «anime accese». È suggestivo pensare che Benni, come il fiammorgallo, sia fuggito da un mondo che sembra aver perso il gusto per le storie, un mondo in cui la narrazione è diventata un prodotto di consumo anziché un atto di creazione.
Il difficile rapporto con il cinema
Nonostante il successo letterario, il rapporto di Stefano Benni con il cinema è stato più complesso e contraddittorio. Nel 1989, Benni diresse, insieme a Umberto Angelucci, il film Musica per vecchi animali, ispirato al suo libro Comici spaventati guerrieri. Il film, interpretato da Dario Fo e Paolo Rossi, non ottenne il successo sperato. Stessa sorte toccò a Topo Galileo, diretto da Francesco Laudadio nel 1988, con un cast che comprendeva Beppe Grillo, Jerry Hall e Claudio Bisio. La colonna sonora fu composta da Fabrizio De André e Mauro Pagani. Entrambi i film si rivelarono dei flop al botteghino.
La difficoltà di trasporre la creatività di Benni sul grande schermo risiede forse nell’impossibilità di ingabbiare la sua prosa surreale e fantastica in una serie di inquadrature. I suoi deliri linguistici e di senso, irresistibili sulla carta stampata, sembrano perdere la loro efficacia sullo schermo. Un riscontro meno negativo con il cinema si ebbe nel 2011 con Bar Sport, diretto da Massimo Martelli. A distanza di 35 anni dalla pubblicazione del libro, il film, interpretato da Claudio Bisio, Giuseppe Battiston e Antonio Catania, ottenne un discreto successo di pubblico, sfiorando i tre milioni di euro di incasso.
Condoglianze dal figlio e dallo spazio
L’annuncio della scomparsa di Stefano Benni è stato dato dal figlio Niclas attraverso un messaggio sulla pagina Facebook ufficiale dello scrittore. Niclas ha ricordato come il padre fosse affetto da tempo da una grave malattia che lo aveva tenuto lontano dalla vita pubblica. Nel suo messaggio, Niclas ha espresso un’ultima richiesta del padre: «Gli sarebbe piaciuto che la gente lo ricordasse leggendo ad alta voce i suoi racconti». Niclas ha sottolineato come il padre fosse particolarmente affezionato al reading come forma artistica, spesso accompagnato da musicisti. Un modo per creare un’esperienza collettiva, per condividere l’amore per la letteratura e per strappare una risata.
La scomparsa di Stefano Benni ha suscitato cordoglio anche nello spazio. Gli abitanti di Seuisprusbellusdetottukosmox, un pianeta immaginario creato dallo scrittore, hanno inviato un messaggio urgente per esprimere il loro dolore e ricordare il suo genio.
I Prubelli, come si chiamano gli abitanti di Seuisprusbellusdetottukosmox, hanno riconosciuto subito Stefano perché rideva guardando Makkulimortèx, un personaggio ossessionato dalle trasmissioni culinarie terrestri.
Per orientarsi fra testo e contesto
La capacità di Stefano Benni nel trasfigurare la realtà, nel cogliere l’assurdo nel quotidiano, lo ha reso uno scrittore inimitabile. Benni ha saputo raccontare l’Italia degli anni 70 e 80, ma anche l’Italia di oggi, con le sue contraddizioni, le sue speranze e le sue paure. I suoi personaggi, spesso caricaturali e grotteschi, sono in realtà degli specchi in cui possiamo riconoscere i nostri vizi e le nostre virtù. Lo scrittore ci ha insegnato a ridere di noi stessi, a non prenderci troppo sul serio e a coltivare la fantasia e l’immaginazione.
Per chi volesse approfondire la sua conoscenza, insieme ai libri più conosciuti, consigliamo di leggere anche Terra! (Feltrinelli, 1983), un romanzo distopico che affronta temi importanti come l’ecologia e la salvaguardia del pianeta, e Elianto (Feltrinelli, 1996), una raccolta di racconti surreali e ironici che parlano delle contraddizioni della società contemporanea. La sua opera è un invito costante a guardare il mondo con occhi nuovi, a non prendersi troppo sul serio e a coltivare la fantasia e l’immaginazione. Un messaggio che, oggi più che mai, risuona con forza e urgenza.
L’opera di Stefano Benni è un tesoro da scoprire e da custodire per comprendere ciò che il Bar Sport era nelle sue intenzioni: una fucina di democrazia e dibattito, un modello di interazione civile sotto l’occhio vigile, perennemente esposta e quasi funerea, della Luisona, la mitica brioche del locale.