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Il concetto di shanzhai nell’era della falsificazione

A distanza di circa 15 anni dalla sua prima pubblicazione in tedesco, arriva in Italia il saggio del filosofo Byung-Chul Han che prova a spiegare l’originalità vista dalla Cina.
  • Shanzhai. Pensiero cinese e decreazione di Byung-Chul Han, pubblicato in Italia a distanza di quasi 15 anni dalla sua prima edizione tedesca, analizza come la cultura cinese influenzi il nostro rapporto con l’originalità.
  • Il termine “shanzhai” non si limita a indicare la contraffazione, ma diventa una grammatica creativa che permea vari aspetti come tecnologia, arte e politica.
  • Han introduce il concetto di “decreazione”, in opposizione alla creatio ex nihilo occidentale, evidenziando come la cultura cinese valorizzi la continuazione e la rielaborazione.

Shanzhai. Pensiero cinese e decreazione di Byung-Chul Han, edito da Nottetempo a distanza di quasi quindici anni dalla sua prima pubblicazione in tedesco, è un saggio filosofico che non ha perso smalto. Il libro affronta infatti il rapporto tra originale e copia, tra vero e falso, aprendo una finestra sulla cultura cinese e sulla sua concezione di creatività. In un’epoca dominata dalla replicabilità e dalla manipolazione, Han apre un varco sul concetto stesso di autorialità e autenticità.

L’opera si inserisce in un contesto in cui la società occidentale sembra aver interiorizzato modalità di pensiero e di azione sempre più influenzate dalla cultura cinese. La decreazione, intesa come un processo continuo di “falsificazione” che può portare al miglioramento dell’originale, diventa una chiave di lettura per interpretare il nostro presente. Non solo prodotti, ma anche notizie, identità ed emozioni circolano come copie senza fine, proiettandoci nell’era della GenAI e del fake, dove ciò che un tempo era considerato inviolabile è ora soggetto a violazione, copia e falsificazione.

Shanzhai, oltre la contraffazione

Il termine cinese shanzhai , che originariamente significava “fortezza di montagna” o “campo di montagna”, oggi viene utilizzato per indicare il “falso”. Nel saggio di Byung-Chul Han assume una portata ben più ampia della semplice contraffazione. Shanzhaismo, cultura shanzhai e spirito shanzhai diventano una grammatica creativa che permea la tecnologia, l’arte, il mercato, la politica e il linguaggio. Non si tratta di una mera opposizione tra falso e vero, ma di una dialettica tra variazione e originarietà, dove la copia si configura come un atto di continuazione e ricreazione.

Han illustra questa logica attraverso esempi concreti. I telefoni shanzhai, repliche di modelli Apple, Nokia o Samsung vendute con nomi come Nokir, Samsing, Anycat, non sono semplici imitazioni grossolane, ma integrano nuove funzionalità, adattano il design alle esigenze locali e accelerano i cicli di risposta al mercato. Nel mondo della moda e del branding, la variazione assume una dimensione quasi dadaista: Adidas si trasforma in Adidos, Adadas, Adadis, Adis, Dasida, in un gioco di micro-differenze che generano nuovi originali.

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  • 💡 Davvero illuminante come l'autore ci spinga a rivalutare......
  • 🤔 Interessante prospettiva, ma non dimentichiamoci delle implicazioni......
  • 👎 Un'eccessiva celebrazione del 'fake' rischia di minimizzare......

Centralità dell’essere vs primato del divenire

Per comprendere appieno questo fenomeno, Han introduce il concetto di “decreazione”, in opposizione alla creatio ex nihilo occidentale. La creazione si sviluppa attraverso una dinamica perpetua di scomposizione e riassemblaggio, priva di un traguardo finale. Questo approccio filosofico implica un cambiamento radicale di prospettiva: dalla centralità dell’essere, dell’origine e dell’autenticità (dove l’originale è un feticcio inviolabile e la copia è subordinata), al primato del divenire, del contesto e della diversificazione (dove non esistono originali immutabili, ma esclusivamente sequenze di interpretazioni).

La pittura tradizionale cinese, con la pratica del fuzhi (copiare i maestri) come metodo di apprendimento e ri-animazione dello spirito dell’opera, rappresenta una testimonianza storica di questa idea della variazione. Anche l’apposizione di sigilli e note sui dipinti antichi da parte di collezionisti e intenditori, che trasforma l’opera in un palinsesto di interventi condivisi, è un esempio di come la cultura cinese valorizzi la continuazione e la rielaborazione piuttosto che l’intangibilità dell’originale.

Shanzhai, chiave di lettura del presente

Han estende la sua analisi, mostrando come la logica shanzhai influenzi il potere, ridefinendo il rapporto con la legge e la proprietà intellettuale. Il maoismo, ad esempio, può essere interpretato come un “marxismo shanzhai”, un adattamento radicale di un’ideologia europea al contesto cinese. Questa dinamica, secondo Han, è genuinamente cinese non per una predeterminazione culturale, ma perché scaturisce dall’ottimizzazione estrema delle circostanze, privilegiando celerità, mescolanza, funzionalità e accessibilità.

Il libro diventa così una lente per interpretare il presente. Se l’approccio shanzhai rivela che la copia è già un atto creativo, allora l’epoca del “fake” non si limita a essere il dominio dell’inganno, ma costituisce il nostro attuale metodo di generare significato. Ogni prodotto si sviluppa tramite piccole modifiche, meme che riscrivono senza fine i loro modelli, remix costanti e sistemi di intelligenza artificiale generativa che operano per cicli iterativi. In questa cornice, lo shanzhai non glorifica l’inganno, ma svela la natura relativa dell’originale e ci impone di riconoscere che la creatività attuale è in gran parte un’arte della variazione.

Per orientarsi fra testo e contesto

Nonostante l’importanza di “Shanzhai” come strumento per comprendere la post-verità e la fluidità delle categorie di “vero/falso” e “originale/copia”, l’opera non è esente da critiche. Alcuni studiosi sollevano il rischio di un eccessivo essenzialismo culturale, contrapponendo un “pensiero cinese” fluido e aperto a un “pensiero occidentale” chiuso e logocentrico, semplificando eccessivamente la complessità e le contraddizioni interne alla cultura cinese.

Altri critici mettono in guardia contro una possibile romanticizzazione dello “shanzhai creativo” che trascuri le implicazioni economiche, normative e morali legate alla contraffazione, come lo sfruttamento del lavoro e le violazioni della proprietà intellettuale. Infine, alcuni specialisti del pensiero cinese e sinologi evidenziano una certa mancanza di rigore storico nei riferimenti cinesi, con il rischio di piegare concetti cinesi a una diagnosi filosofica occidentale.

Nonostante queste riserve, Shanzhai rimane un’opera provocatoria che ci costringe a ripensare le nostre categorie di copia, originalità e legge. Per apprezzarne appieno la fecondità, è utile leggere altre opere del filosofo sudcoreano che aiutano a decifrare la società contemporanea con criteri epistemologici per nulla banali.


Articolo ibrido frutto dell’AI, ma revisionato da un essere umano.(scopri di più)
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