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Figlio di Dio McCarthy

«Figlio di Dio» di Cormac McCarthy, una veduta sull’anima

La discesa nella follia di Lester Ballard, il protagonista di uno dei grandi romanzi dello scrittore americano, tradotto in Italia 25 anni fa da Raul Montanari.
  • Il romanzo Figlio di Dio di Cormac McCarthy è stato tradotto per la prima volta in Italia nel 2000, pur essendo uscito nel 1973.
  • Lester Ballard, il protagonista, è descritto come un «troll delle montagne» che vive nelle caverne in totale solitudine.
  • Un elemento distintivo del romanzo è l’uso di un coro anonimo di personaggi, che richiama i cori della tragedia greca.

La traduzione italiana di Figlio di Dio di Cormac McCarthy, a cura di Raul Montanari, compie 25 anni. Pubblicato per la prima volta nel 1973 dalla Random House, uscì in Italia da Einaudi nel 2000. Si tratta di un’opera di straordinaria intensità narrativa. Ambientato negli anni Cinquanta tra le montagne del Tennessee, il libro parla della vita di Lester Ballard, un uomo emarginato e disturbato, che incarna una discesa inesorabile nella follia e nella violenza.

Il protagonista in fatti è un giovane uomo che vive ai margini della società, in un ambiente rurale e povero. La sua esistenza è segnata da una serie di eventi che lo portano a perdere tutto ciò che possiede, spingendolo verso un comportamento sempre più animalesco. Ballard diventa un assassino seriale, un «troll delle montagne», come lo descrive McCarthy, che vive nelle caverne e si veste con gli abiti delle sue vittime. La sua storia è un viaggio nei meandri più oscuri della psiche umana, alla scoperta di come degenerazione e depravazione possano scaturire dall’isolamento e dalla disperazione.

Il ruolo del coro in Figlio di Dio

McCarthy, con la sua prosa asciutta e incisiva, dipinge un quadro crudo e disturbante della condizione umana, sfidando il lettore a confrontarsi con temi di isolamento, perversione e brutalità. Non solo. Figlio di Dio è caratterizzato da una varietà di stili che lo scrittore utilizza per la sua indagine. Il romanzo alterna descrizioni dettagliate e vivide di paesaggi pastorali a scene di violenza grottesca, creando un contrasto che amplifica l’impatto emotivo della storia. Pur adottando una narrazione in terza persona, che mantiene una certa distanza dal protagonista, McCarthy al contempo offre una visione ravvicinata dei suoi gesti e delle sue azioni. Un approccio che permette al lettore di osservare la discesa di Ballard nella follia con un senso di inevitabilità e distacco.

Un elemento distintivo del romanzo è l’uso di un coro anonimo di personaggi che commenta le azioni di Ballard. Questi personaggi, spesso altrettanto selvaggi e brutali, forniscono una prospettiva collettiva sulla violenza e la devianza che permeano la comunità in cui vive Ballard. Il riferimento è ovviamente ai cori della tragedia greca che McCarthy recupera che aumentare l’atmosfera di tensione e inquietudine che pervade l’intero romanzo.

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  • Un capolavoro inquietante che sfida i confini della narrativa... 🌟...
  • Una lettura pesante e disturbante che potrebbe non piacere a tutti... 😞...
  • Cosa accade quando il contesto sociale forgia un mostro?... 🤔...

Il contesto sociale di Figlio di Dio

Figlio di Dio è ambientato in una regione del Sud degli Stati Uniti caratterizzata da povertà, ignoranza e violenza. La contea di Sevier, nel Tennessee, è un luogo in cui la storia è scandita da linciaggi e impiccagioni pubbliche, e dove la promiscuità e l’incesto sono parte integrante della vita quotidiana. In questo contesto, Ballard è solo uno dei tanti “poveri bianchi” che popolano le catapecchie e i cortili della regione, un uomo che cerca disperatamente di difendere il suo spazio vitale in un ambiente ostile.

La comunità in cui vive Ballard è abituata alla violenza della natura e degli uomini. Per questo reagisce con paura e ostilità di fronte a un individuo che contravviene alle norme sociali. McCarthy però non si limita a dipingere Ballard come un mostro. Al contrario, lo presenta appunto come un “figlio di Dio”, un uomo che, nonostante le sue azioni orribili, suscita un senso di pietà e comprensione. Uno sguardo che consente all’autore di indagare su temi come la natura del male e la responsabilità individuale.

Per orientarsi fra testo e contesto

Figlio di Dio è un’opera che chiede al lettore di confrontarsi con la brutalità e la depravazione, ma anche di riflettere sulla natura della follia e dell’isolamento. McCarthy, con la sua prosa magistrale, invita a verificare quali siano i confini della moralità e della compassione, proponendo una visione del mondo che è al tempo stesso inquietante e profondamente umana. Per chi ha già apprezzato opere come La strada, questo romanzo è una lettura che anticipa la grandezza dell’opera con cui McCarthy ha vinto il Pulitzer nel 2007.

Passò davanti a un gigantesco pioppo schiantato dal vento, che nell’intrico delle radici messe a nudo teneva imprigionate due rocce grosse come carrette da contadino, grandi tavole di pietra su cui non era scritto nient’altro che una storia di mari scomparsi, e le parole di questa storia erano cammei di antiche conchiglie e figure di pesci impresse nella calce.


Articolo ibrido in cui i contenuti selezionati dall’AI sono stati rivisti da un essere umano.(scopri di più)
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