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Cajambre

«Cajambre» o della terribile bellezza di Armando Romero

Un “non giallo” ambientato nella foresta amazzonica colombiana che utilizza un linguaggio originale e lussureggiante proprio della narrativa di qualità.
  • Cajambre di Armando Romero, ripubblicato quest’anno da Bibliotheka, è un’opera scritta da uno dei maggiori autori latino americani viventi.
  • Ambientato in Colombia, non appartiene al filone del realismo magico che ha avuto in Gabriel García Márquez il suo massimo esponente.
  • La foresta amazzonica, nella sua vegetazione aggrovigliata, si rispecchia negli intricati rapporti vissuti dai suoi abitanti.

Armando Romero «è uno dei maggiori autori latino americani contemporanei». Lo sostiene l’editore Bibliotheka che quest’anno ha reso disponibile una nuova versione di Cajambre, romanzo pubblicato dallo stesso editore nel 2017, mentre a ottobre manderà in stampa la prima traduzione italiana di La ruota di Chicago. Nato in Colombia nel 1944, Romero è un poeta e scrittore che appartiene al movimento del cosiddetto nadaìsmo, una corrente di pensiero colombiana sviluppatasi tra gli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento.

Caratterizzato da una forte vena antitradizionalista e anticlericale, il “niente” degli esponenti di questo movimento si oppone a qualsiasi idea di valore o significato. La realtà è finita in sé stessa, non nasconde alcun mistero, al contrario di quanto si ricava dalle opere riconducibili al filone del realismo magico di cui il maggiore esponente è Gabriel García Márquez (anch’egli colombiano).

Foresta amazzonica vs giungla congolese

L’incipit di Cajambre, fiume immaginario intorno al quale si svolgono i fatti raccontati nel romanzo di Romero, fa subito pensare alla Macondo di Cent’anni di solitudine. Ma è soltanto un apparentamento geografico esteriore. A dirla tutta, la descrizione iniziale della foresta amazzonica richiama da vicino un’analoga descrizione, seppure della giungla di un altro continente. La giungla del Congo che fa da sfondo a L’albero velenoso della fede della scrittrice statunitense Barbara Kingsolver. In comune hanno occhi, rane o rospi, serpenti. Soprattutto, la natura in una veste minacciosa e per nulla bucolica.

Questo è l’avvio della Kingsolver:

Per prima cosa, immagina la foresta. Devi essere la sua coscienza, gli occhi negli alberi. (…) Ogni spazio è pieno di vita: delicati rospi velenosi dipinti con disegni a forma di scheletro, avvinghiati nell’amplesso e impegnati a deporre le loro preziose uova sulle foglie gocciolanti. (…) Il ventre di un serpente che occhieggia lucido tra i rami. Un esercito di formiche che polverizza il tronco di un albero gigantesco e lo trasporta sottoterra dalla sua famelica regina. E, in risposta, un coro di germogli che spunta da ceppi marciti, succhiando vita dalla morte. Questa foresta mangia se stessa e vive in eterno

Ogni angelo è terribile a Cajambre (e non solo)

Qui a Cajambre vi sono occhi da tutte le parti. Gli occhi delle cimici, nel materasso, sono minuscoli; quelli dei pipistrelli sul soffitto sono scuri e diretti. Sono anche vampiri, e i negri («la parola negro – spiega il traduttore – non equivale al nigger dell’inglese e non ha dunque alcuna connotazione dispregiativa») li chiamano chimbilacos. Sotto casa, in mezzo ai ratti, correvano i serpenti, che se li mangiavano, tutti pieni d’occhi pure loro, vibranti, scivolosi. Il terreno che si muove, l’invisibile. E nel bagno, sulla riva del mare, con il buco del cesso sospeso sui frangenti, le rane, con quegli occhi enormi che non si chiudono mai.

È quanto si legge nella prima pagina di Cajambre.

Per Armando Romero bellezza e terrore sono sintetizzati dai versi di Rainer Maria Rilke quando dicono che “ogni angelo è terribile”. Il protagonista del suo romanzo spiega questa frase così:

La soluzione è qui a Cajambre. Non puoi vedere la purezza, la semplicità dell’angelo senza quello che è terribile, terrorizzante. Se siamo nella foresta o qui sul mare o sul fiume, il terribile è ciò che non vediamo, gli avechuchos, gli squali, l’altro che si nasconde; eppure c’è un angelo di bellezza in ogni luogo. L’angelo è con noi, ma è terribile.

Per orientarsi fra testo e contesto

L’angelo terribile è reso efficace dalla prosa lussureggiante di Cajambre, nella quale molti termini ispano-colombiani rimangono invariati. In tal senso Claudio Cinti, il traduttore, ha svolto un lavoro improbo ma di elevatissima qualità (qualità che non viene meno neppure per la presenza di qualche refuso di troppo). La foresta amazzonica coincide con l’intricato dipanarsi di relazioni tra personaggi che vivono più o meno in simbiosi con l’ambiente circostante. È una galleria di donne e uomini che si muovono nei dintorni della foce colombiana che si affaccia sull’Oceano Pacifico. Non importa la loro verosimiglianza e, in fondo, neppure il rigore di una trama che finge di nascondere un mistero.

Certo, si capisce anche perché l’editore abbia aggiunto un sottotitolo, Suspense nel Pacifico colombiano, non presente nella versione originale, forse nella speranza di attirare lettori che ormai si lasciano convincere ad acquistare un libro solo se è un thriller. Mi dispiace per loro, ma Cajambre ha tutti i requisiti di un grande romanzo, tranne quello di appartenere al genere giallo. Il che non va visto come un limite. Tutt’altro.


Articolo scritto interamente da un essere umano “a mano”, cioè senza l’uso di AI.(scopri di più)
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