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Oleg Supereco

Oleg Supereco, alla scoperta dell’arte sacra del pittore russo

Dalla cattedrale ricostruita di Noto al ciclo pittorico della cappella della Madre della Riconciliazione in Cavana a Trieste. Ritratto del grande artista russo.
  • Dal 18 giugno al 9 agosto 2025 il museo diocesano di Trieste ospita la mostra dal titolo Il corpo e la gloria. L’arte sacra di Oleg Supereco.
  • Oleg Supereco è uno dei più importanti pittori russi contemporanei, noto per aver affrescato la ricostruita cattedrale di Noto, in provincia di Siracusa.
  • A Trieste è stato chiamato a realizzare il ciclo pittorico della cappella della Madre della Riconciliazione in Cavana.

Chi ha avuto il privilegio di godere dei dipinti di Oleg Supereco nella ricostruita cattedrale di Noto (foto di apertura: la Pentecoste nella cupola e i quattro evangelisti nei pennacchi), comprende esperienzialmente perché l’artista russo sia entrato, a buon diritto, nell’olimpo dei più grandi maestri di arte sacra contemporanei. La sua pittura è un toccasana capace di investire plasticamente intelligenza e cuore, come i grandi dell’arte di un tempo sapevano fare. Chiamato a Trieste per la realizzazione del ciclo pittorico della cappella della Madre della Riconciliazione in Cavana, ha compiuto un importante progetto artistico, come la città non vedeva da tanto tempo.

Alla sua arte è dedicata la mostra (attiva dal 18 giugno al 9 agosto 2025) dal titolo Il corpo e la gloria. L’arte sacra di Oleg Supereco con la quale vengono presentati i nuovi spazi espostivi del Museo Diocesano di Trieste, che si trovano all’interno del Seminario Vescovile.

Oleg Superco, un pittore russo a Trieste

Della pittura di Supereco si è interessato Agostino Ricardi di Netro, fine critico d’arte, con due opere monografiche, l’ultima delle quali, Oleg Supereco a Trieste, è stata edita nel 2021, per i tipi di Antilia. L’amicizia fra l’artista russo e il critico triestino nasce nel 2016, ma si era radicata in maniera “invisibile” già qualche anno prima, quando Ricardi di Netro si imbatté nel catalogo sulle nuove realizzazioni della Cattedrale di Noto, rimanendone folgorato. Quest’ultimo ci ha concesso, per Elzevir, un’intervista telefonica, che sin da subito è diventata un piacevole colloquio sulla comune passione per l’arte, sub specie litterarum per me, da addetto ai lavori e profondo conoscitore delle dinamiche artistiche per lui.

Il critico triestino, con la passione che lo contraddistingue nel suo lavoro, e con l’entusiasmo di chi compie una scoperta, è un fiume in piena nel descrivere la forza e l’autorevolezza del tocco pittorico di Supereco, nonché «la pulizia del disegno e la completezza di ogni elemento tipico del linguaggio artistico classico», che sublima la forma nel simbolo e li ricompone in un unicum che rende l’eccezionalità del suo stile. Ricardi di Netro non nasconde il fatto che «sono pochissimi coloro che, da un secolo a questa parte, hanno acquisito una competenza pari a quella dell’artista russo nel dominio dei mezzi della pittura, specie nell’affresco».

Lo spazio: uno sgabuzzino o una pianura?

È un piacere sentirlo e lo incalzo, chiedendogli se non sembra paradossale e rétro l’esaltazione del figurativo nel XXI secolo. Mi parla di Vico e della Scienza nuova, dei corsi e ricorsi storici e di come essa proprio sul punto di essere stata data per morta sia rinata, come l’araba fenice, dalle presunte ceneri di una tradizione che non può non imporsi e dettare nuovi canoni, nel suo rinnovamento continuo. Mi ricorda, poi, che «l’arte figurativa è connaturata alla natura umana, come dimostrano i disegni istintivi dei bimbi». Ricardi di Netro usa una metafora: «Lo spazio c’è e ci sarà, ma sta alla libertà di scelta se esso possa essere infimo come uno sgabuzzino o dilatato come una pianura».

In merito al comune interesse per l’opera di Supereco, Ricardi di Netro sottolinea come il suo ciclo pittorico nella Cappella triestina costituisca «il punto più significativo dell’arte sacra della città in età moderna e contemporanea. Trieste, infatti, non disponeva di un intervento decorativo importante né di epoca rinascimentale, né barocca. Il capoluogo potrà così mostrare al grande pubblico un punto d’apice della pittura figurativa dei nostri giorni».

Per orientarsi fra testo e contesto

La mostra attualmente in corso nei nuovi ambienti del Museo Diocesano di Trieste «è una retrospettiva – conclude Agostino Ricardi di Netro – sulla produzione sacra di Oleg Supereco, dalle opere della prima maturità (2000-2005) a quelle collegate con il cantiere di Noto e poi al decennio 2010-2020, per lo più inedite. Si tratta di un’ottima occasione per conoscere l’artista al di fuori di quelle che sono le sue immagini più note e riprodotte, e soprattutto di vedere dal vivo molte tele di grandi dimensioni che, proprio per questo, non facilmente vengono esposte».

Sicuramente l’esposizione sarà un’occasione per tutti i visitatori per vedere non soltanto dei capolavori dell’arte contemporanea, ma anche per comprendere come Trieste non sia soltanto il punto di incontro fra cultura mitteleuropea e mediterranea, ma anche crocevia per le sollecitazioni culturali provenienti dal mondo orientale e slavo.


Articolo scritto interamente da un essere umano “a mano”, cioè senza l’uso di AI.(scopri di più)
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