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Manlio Sgalambro, il “nichilista attivo” venuto dalla Sicilia dei filosofi

A 100 anni dalla nascita, il filosofo noto per la sua collaborazione con Franco Battiato, mantiene intatta la sua capacità di analisi spietata del pensiero contemporaneo.
  • A 100 anni dalla nascita di Manlio Sgalambro, una riflessione su una figura che ha lasciato un segno indelebile nel dibattito culturale del nostro Paese.
  • La sua collaborazione con Franco Battiato, a partire dal 1993, ha permesso a Sgalambro di ottenere grande visibilità.
  • La pubblicazione di una nuova edizione delle sue opere complete potrebbe contribuire a una migliore comprensione del suo pensiero.

Se Karl Kraus avesse scritto Il capitale lo avrebbe fatto in tre righe

Quest’anno ricorrono i cento anni dalla nascita di Manlio Sgalambro (Lentini 9 dicembre 1924 – Catania 6 marzo 2014), figura complessa e controversa del panorama filosofico italiano. Un intellettuale che, pur non rientrando in alcuna scuola di pensiero definita, ha lasciato un segno indelebile nel dibattito culturale del nostro Paese.

Contro le scuole idealistiche dominanti

La sua formazione universitaria, intrapresa a Giurisprudenza anche come reazione alle scuole idealistiche dominanti (Croce e Gentile) nelle facoltà di filosofia dell’epoca, è solo un primo indizio della sua indole anticonformista. Le etichette che gli sono state affibbiate nel corso degli anni – schopenhaueriano, pessimista vicino a Giuseppe Rensi, anti-idealista e materialista leopardiano, esistenzialista alla Emil Cioran – sono solo tentativi parziali di definire un pensiero che si è sempre sottratto a ogni sistematizzazione.

Sgalambro è stato, infatti, un filosofo puro, asistematico, che ha usato il pensiero come un martello per scardinare le grandi narrazioni e le tradizioni, per strappare il velo di Maya che offusca la realtà. La sua opera, ricca di aforismi e intuizioni fulminanti, è stata spesso definita nichilista. Tuttavia, lo stesso Sgalambro ha sempre respinto questa etichetta, preferendo definirsi, al limite, “nichilista attivo”, un pensatore che, di fronte al nulla, non si arrende ma continua a cercare un senso alla vita.

La Sicilia di Sgalambro come metafora

La Sicilia fu per lui, oltre che la regione di nascita, una vera e propria metafora. Era anche la Sicilia di Gorgia, di Pirandello, luogo di incontro fra diverse culture, terra in cui la tragedia diventa destino. L’isola fu anche il suo voluto isolamento, luogo privilegiato in cui mito e storia si confondono e dove l’eterno ritorno del tempo si cristallizza nei proverbi popolari, che non disdegnava di citare nelle sue opere.

È anche nel segno della Sicilia la sua collaborazione con Franco Battiato, a partire dal 1993 con la scrittura del libretto de Il cavaliere dell’intelletto. Una collaborazione che ha rappresentato per lui un momento di grande visibilità, permettendogli di raggiungere un pubblico più ampio. Indubbiamente la riflessione di Sgalambro sulla condizione umana, sul dolore, sulla morte, continua a essere rilevante in un’epoca, come la nostra, caratterizzata da una crescente precarietà e da una diffusa sensazione di smarrimento. È per questo che auspichiamo per i cento anni dalla nascita la pubblicazione di una nuova edizione delle sue opere complete, che potrebbe contribuire a una migliore comprensione del suo pensiero e a favorirne la diffusione.

Per orientarsi fra testo e contesto

Non di facile lettura, Sgalambro ha fatto dell’aforisma e dello stile spezzettato dei cacciavite per smontare la realtà, evidenziandone contraddittorietà e complessità. L’ironia era per lui una delle vie per smascherare falsità o facili credenze. Il “patto narrativo” con il lettore pretendeva che quest’ultimo partecipasse attivamente alla lettura, contribuendo all’occorrenza a costruirne il significato. Fra le sue opere, tutte edite da Adelphi, si possono ricordare: La morte del sole, lucida analisi sul tema della morte e della finitezza della vita umana; il Trattato dell’empietà, spietata critica della religione e delle sue illusioni; Del pensare breve, in cui analizza al vetriolo la superficialità del pensiero contemporaneo.

È di quest’anno il volume Manlio Sgalambro. L’empietà del greco siculo (Luigi Pellegrini Editore, 2024), a cura di Pierfranco Bruni. Il testo si propone di esplorare il legame tra l’eredità greca e la cultura siciliana lungo un percorso che parte dal filosofo Gorgia e arriva al concetto di ragione pratica, attraversando influenze di pensatori come Schopenhauer e Kant. In attesa di vedere l’opera omnia di Sgalambro in un’edizione rinnovata, questo vademecum offre alcuni spunti per comprendere l’importanza del suo pensiero.


Articolo ibrido frutto dell’AI, ma revisionato da un essere umano.(scopri di più)
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