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- Nessun’altra casa di Gabriele Santoro intreccia inchiesta giornalistica e testimonianze dirette a trent’anni dal genocidio di Srebrenica.
- Il libro raccoglie dieci racconti di persone appartenenti a tre generazioni diverse, tra cui un giovane soldato sopravvissuto e donne che hanno cercato i loro cari nelle fosse comuni.
- L’autore ha attraversato il fiume Drina nell’estate del 2018 per raccogliere le voci silenziose di Srebrenica, grazie a un progetto promosso da Fondazione Alexander Langer.
Nessun’altra casa. Memorie lungo la Drina trent’anni dopo Srebrenica di Gabriele Santoro, pubblicato da Del Vecchio Editore, è un libro-testimonianza sul tragico genocidio di Srebrenica. Il volume è una tessitura che comprende inchiesta giornalistica, impegno civile e testimonianze dirette, impreziosito dalla prefazione del Cardinale Matteo Maria Zuppi e da un contributo esclusivo di Miljenko Jergovic, autore di spicco nel panorama letterario balcanico contemporaneo.
Il testo si articola in dieci racconti che abbracciano persone di tre generazioni differenti: il giovane soldato sopravvissuto agli orrori della fuga nei boschi, le donne che hanno incessantemente cercato i loro cari nelle fosse comuni e Bekir, nato sotto il fuoco dei bombardamenti e ritornato anni dopo per onorare la memoria del padre con una degna sepoltura. Tutte voci collegate da un controcanto in grado di arginare la disumanizzazione causata dalla guerra.
Srebrenica trent’anni dopo: per non dimenticare
Nessun’altra casa non è semplicemente un ritorno al passato, ma una profonda riflessione sul presente e sul futuro. Perché la guerra, come sappiamo, non si conclude con l’ultima esplosione: il trauma permane, si trasmette di generazione in generazione. Affrontarlo significa prendersi cura del presente, in un mondo ancora oggi sconvolto da conflitti e divisioni. L’autore considerare che «se l’Europa è morta nel 1995 a Srebrenica, abbiamo fatto poco per dimostrare che quella tragedia ci riguardasse davvero».
L’origine del libro risiede in un progetto di racconto orale promosso in collaborazione con la Fondazione Alexander Langer all’interno del progetto Adopt Srebrenica, con l’intento di preservare i ricordi e favorire spazi di dialogo tra le diverse comunità. Si tratta di un’opera che trasforma il ricordo in azione, proponendo una visione di pace, per quanto ardua e complessa da realizzare, tuttavia è irrinunciabile. Il libro ha preso forma nell’estate del 2018, quando l’autore ha attraversato il fiume Drina, simbolo di confine e divisione, per ascoltare le voci che emergevano dal silenzio di Srebrenica.
- Un libro toccante che ci ricorda l'importanza della memoria... ❤️...
- Srebrenica: una ferita aperta, un'analisi forse troppo parziale... 🤔...
- E se invece di focalizzarci solo sul dolore, cercassimo le radici... 🕊️...
Il mosaico di voci in Nessun’altra casa
Il libro Nessun’altra casa adotta deliberatamente la forma del mosaico, offrendo frammenti di esistenze, di epoche e di lingue che si sfiorano senza mai coincidere completamente. È un dialogo tra epoche – sopravvissuti, figli, testimoni, viaggiatori – che restituisce al lettore non la cronaca asettica dei fatti, ma un campo di echi, un invito a confrontarsi con la complessità e la pluralità delle esperienze umane.
A trent’anni da uno dei conflitti più cruenti dell’ex Jugoslavia e dal genocidio perpetrato nella regione di confine tra Serbia e Bosnia-Erzegovina, ogni narrazione agisce come elemento che svela una nuova angolazione, ogni silenzio un quesito che perdura nel presente. Concepita da un’iniziativa di memoria e di legame amicale, l’opera, intrecciando reportage, testimonianze, traduzioni e riflessioni, si dipana tra rovine e ritorni, tra le parole ritrovate e quelle perdute.
In questo scenario, la scrittura si pone come compagna di percorso, che guida il lettore attraverso le pieghe della storia e della memoria. Si profila così una geografia morale, composta da luoghi e persone, da mondi interiori e zone d’ombra condivise, dove la sofferenza non è uno spettacolo ma un fardello da accogliere. In questo incrocio di esperienze, il ricordo oltrepassa il semplice atto di rievocare: crea opportunità, restituisce dignità e ci sprona a preservare – costantemente e in ogni momento – la capacità di ascoltare.
Per orientarsi fra testo e contesto
Gabriele Santoro, forte di anni di ricerche sul campo in Bosnia, costruisce una narrazione complessa in cui le storie personali si incrociano con i luoghi simbolo di quei tragici eventi: biblioteche, ponti, fabbriche, spazi che diventano vere e proprie scene di dolore e rinascita. Il libro è una sequenza di frammenti, ognuno dei quali contribuisce a mantenere accesa la fiamma della memoria e dell’ascolto. Come afferma lo stesso Santoro, «la memoria e l’oblio non sono terreni neutrali, ma campi di battaglia in cui si sagoma l’identità collettiva».
A trent’anni di distanza, commemorare Srebrenica implica analizzare le questioni irrisolte di quella vicenda e il ruolo dell’Europa, che all’epoca scelse di ignorare la tragedia. La scrittura, pur non potendo salvare vite, può comunque risvegliare le coscienze, trasformare le prospettive e riportare l’animo umano a principi fondamentali: l’individuo, il rapporto con gli altri, la responsabilità personale. Ecco perché il libro costituisce un importante contributo alla riflessione sulla storia europea e sulle nuove responsabilità a cui oggi l’Europa è chiamata.








