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- L’editore Bibliotheka ha tradotto in italiano Midriasi del premio Nobel Jean-Marie Gustave Le Clézio.
- La midriasi è la dilatazione della pupilla, che può avvenire in caso di scarsa luminosità o sotto l’effetto della droga.
- A distanza di oltre 50 anni dalla sua pubblicazione in francese, il poemetto conserva la forza dirompente del linguaggio.
Esce per la prima volta in Italia Midriasi di Jean-Marie Gustave Le Clézio, pubblicato da Bibliotheka nella traduzione di Valentina Maini. La midriasi è la dilatazione della pupilla, un fenomeno normale in condizioni di scarsa luminosità. Oppure, nel caso del Premio Nobel per la Letteratura 2008, dovuto a uno stato allucinatorio. Perché è questo il poemetto scritto dall’autore francese nel 1973 e disponibile adesso in italiano: una immersione delirante nella realtà vista, anzi percepita, sotto gli effetti di qualche stupefacente. Come si ricava dall’incipit:
All’inizio gli occhi non vedono. Sono aperti, tra i sipari delle palpebre, ma neri. Non hanno luce. È così all’inizio, sì, all’inizio. La notte è talmente nera, densa – nessuna vibrazione, nessuna stella, nemmeno una lucciola -, che pare di trovarsi dentro una cella dentro una fortezza, mura di cemento, soffitto di cemento, pavimento e porta di cemento.
Le Clézio, una scoperta che passa da Sinno
Ho scoperto l’esistenza di J.M.G. Le Clézio leggendo La Realidad di Neige Sinno. Non c’è da stupirsi. È il destino di molti premi Nobel. Quanti lettori, ad esempio, conoscevano l’ungherese László Krasznahorkai a cui quest’anno è andato il riconoscimento? L’autrice di Triste Tigre dedica due terzi del suo ultimo libro ad Antonin Artaud e a Le Clézio, accomunati dalla medesima passione per le culture precolombiane e per il peyote. Ne La Realidad, a proposito di Le Clézio, si legge: «Autore che ha vissuto per molto tempo in Messico e il cui pensiero è stato improntato alla ricerca di una via d’uscita dal solipsismo occidentale attraverso il contatto con altre culture». In Midriasi questo tentativo viene alimentato – così come avviene in Sinno, nel cui personale olimpo Artaud e Le Clézio occupano un posto di riguardo – grazie al tributo a Henri Michaux. L’edizione di Bibliotheka, infatti, contiene fra l’altro Verso gli iceberg, un poema che trae ispirazione dal poeta franco-belga.
Midriasi, un testo letterario suo malgrado

«L’uomo bianco ha sempre rubato tutto a tutti. […] Quando si è stancato di rubare terre e schiavi, si è messo a rubare la cultura». Lo sostiene uno dei personaggi di Le Clézio in Le fughe. Tuttavia, nel furore iconoclasta che vorrebbe ripudiare i prodotti nocivi della letteratura occidentale, lo stesso Le Clézio non può fare a meno di attingere a un nome come quello di Henri Michaux, che di quella letteratura è un esponente di spicco. Analogamente Midriasi appartiene a buon diritto alla categoria del testo letterario che, secondo la definizione della Treccani, «si discosta dall’uso comune ed è proprio dei letterati». Ovvero: «colto, dotto, elevato, ricercato». Il contrario di «colloquiale, comune, corrente, familiare, popolare». La guerra condotta contro la cultura predatoria dell’uomo bianco a favore di quella dei nativi del Messico utilizza come arma il frutto più maturo di quella cultura: la letteratura occidentale, appunto, e i suoi stilemi.
Per orientarsi fra testo e contesto
In Midriasi l’influenza precolombiana è evidente nel culto del panteismo che, partendo dal dilatarsi della pupilla, invade ogni cosa. La grandezza di Le Clézio risiede nella capacità di portarci dentro questa esperienza, facendoci diventare di volta in volta occhio, sasso, notte. È un viaggio psichedelico che ci viene regalato senza la necessità di dover assumere alcuna droga. Perché la droga sono le parole del poeta:
Non abbiamo nulla da dire. Non c’è una storia. Vediamo, ecco tutto. C’è voluta questa notte senza luce, e questa bevanda, perché, attraverso le pupille aperte all’estremo, si liberassero le vere fonti dell’energia. Tutte le parole dovevano essere distrutte, tutte le parole sporche.
Per quanti temono che l’intelligenza artificiale generativa possa erodere, fino a sostituirla, la potenza originale del linguaggio come attività eminentemente umana, leggere Midriasi di J.G. Le Clézio è la garanzia che questa eventualità è assai improbabile.







