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- Il nuovo thriller di Donato Carrisi, La bugia dell’orchidea, ripropone in modo nuovo gli argomenti cari allo scrittore.
- Il romanzo affronta il tema dell’inganno, simboleggiato dall’orchidea la cui capacità di mimetismo serve ad attirare gli insetti.
- Carrisi ha costruito la sua fama trasformando la famiglia in un terreno minato di segreti e non detti.
La bugia dell’orchidea è l’ultimo thriller di Donato Carrisi, pubblicato da Longanesi l’11 novembre 2025, che ha previsto un lancio in grande stile con un tour promozionale che toccherà diverse città italiane. Il romanzo è di un viaggio inquietante in un mondo di apparenze ingannevoli. L’ambientazione, un casale rosso isolato nella campagna, evoca atmosfere cupe e misteriose, teatro di un dramma familiare che ha lasciato dietro di sé un’unica figura sopravvissuta. Ma, come spesso accade nei romanzi di Carrisi, la verità è tutt’altro che scontata.
Il romanzo si apre con un’immagine idilliaca: un’alba estiva, l’aria immobile, il profumo dei campi, il canto dei grilli. Tuttavia, l’illusione di tranquillità viene violentemente squarciata da un urlo, segnale premonitore di una tragedia che ha annientato la famiglia C. La scena è sconvolgente: un’intera famiglia è scomparsa, lasciando dietro di sé un solo sopravvissuto. Gli occhi di tutti si puntano immediatamente su di lui, il sospettato principale.
La bugia dell’orchidea, significato del titolo
Il titolo stesso, La bugia dell’orchidea, offre una chiave di lettura intrigante. Le orchidee, con la loro capacità di mimetismo per attirare gli insetti, simboleggiano l’inganno e la finzione. Il romanzo sembra interrogarsi su quanto le nostre vite, le nostre famiglie e le nostre comunità spesso si basino sulla menzogna. Carrisi, noto per le sue trame complesse e ricche di colpi di scena, esplora il confine labile tra verità e menzogna, suggerendo che la verità possa includere e utilizzare la menzogna medesima.
Ancora una volta, il simbolismo dell’orchidea si dimostra pertinente: la sua bellezza e nitidezza attirano, ma al contempo nascondono un inganno. Il romanzo promette di sviluppare l’ipotesi più plausibile e lampante, per poi smentirla nel momento culminante. L’obiettivo è trasformare il lettore da semplice osservatore a complice, condividendo un segreto che non potrà essere svelato. La soluzione finale diventa una cicatrice personale, piuttosto che un semplice colpo di genio da condividere con gli amici.
I meandri della psicologia rimangono un elemento centrale nella narrazione, ma la campagna diventa il palcoscenico ideale per isolare i sospetti, creando un’atmosfera di tensione e claustrofobia. Carrisi utilizza una “trappola cognitiva” per il lettore, costruendo la trama con capitoli brevi, ritmo serrato e dettagli apparentemente marginali che si rivelano fondamentali. Negli altri romanzi il dubbio nasce “dall’interno”, mentre in La bugia dell’orchidea Carrisi promette l’opposto: una certezza esterna che si disintegra gradualmente, spingendo il lettore a interrogarsi su ciò che sta realmente accadendo.
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Donato Carrisi, maestro del thriller
Donato Carrisi, nato come sceneggiatore per il cinema e la televisione, ha esordito nel mondo della letteratura nel 2009 con Il suggeritore (Longanesi), un romanzo che ha immediatamente conquistato il pubblico e la critica, aggiudicandosi il Premio Bancarella. Da allora, ha pubblicato numerosi bestseller, tra cui L’ipotesi del male e La ragazza nella nebbia, quest’ultimo adattato per il grande schermo con lo stesso Carrisi alla regia.
La sua capacità di creare atmosfere suggestive, di costruire trame complesse e di scavare nell’animo umano lo ha consacrato come uno dei più apprezzati autori di thriller a livello internazionale. I suoi romanzi sono tradotti in numerose lingue e hanno venduto milioni di copie in tutto il mondo. L’abilità di Carrisi si estende anche alla regia e alla sceneggiatura delle trasposizioni cinematografiche dei suoi libri, a conferma della sua poliedricità creativa.
Un romanzo oltre le convenzioni del genere
La bugia dell’orchidea vuole essere un’opera diversa dalle precedenti, un romanzo che sfida le convenzioni del genere thriller e che invita il lettore a mettere in discussione le proprie certezze. Come suggerisce lo stesso autore, questo libro ha un segreto che il lettore è chiamato a svelare. Il romanzo, in tal senso, è un intricato labirinto di indizi e depistaggi, in cui la verità continua a essere nascosta sino alla fine. Il lettore, nei panni dell’investigatore, deve raccogliere gli elementi, interpretarli e formulare le proprie ipotesi. Ma attenzione: nulla è come sembra, e ogni certezza potrebbe rivelarsi sdrucciolevole.
La narrazione è scandita da un ritmo incalzante, che tiene il lettore con il fiato sospeso fino all’ultima pagina. I personaggi sono tratteggiati con cura, ognuno con le proprie fragilità, i propri segreti e le proprie motivazioni. L’ambientazione, un elemento fondamentale nei romanzi di Carrisi, è descritta con dovizia di particolari, creando un’atmosfera cupa e inquietante che contribuisce a creare la giusta tensione narrativa.
Per orientarsi fra testo e contesto
Donato Carrisi ha costruito la sua fama trasformando la famiglia in un terreno minato di segreti e non detti. Nelle sue opere precedenti, quali la serie di Pietro Gerber (La casa delle voci e La casa dei silenzi), l’elemento focale è la manipolazione della memoria. La bugia dell’orchidea raccoglie questa eredità tematica, ma la colloca in un contesto rinnovato: non più l’ambiente protetto dello psicologo, bensì una fattoria isolata in mezzo alla campagna. Il romanzo non si limita a scandagliare l’inconscio, ma analizza anche la struttura sociale di una “famiglia perfetta” che, inaspettatamente, crolla.
Il crimine, nei romanzi di Carrisi, non è mai un semplice espediente narrativo, ma un banco di prova morale che costringe i personaggi a confrontarsi con le proprie scelte e i propri valori. Questo aspetto divide il pubblico: alcuni cercano solo l’enigma, mentre altri desiderano una riflessione più profonda. La bugia dell’orchidea riporta questo conflitto alla sua dimensione più privata e familiare. Lo stile di Carrisi è asciutto, veloce e visivo, con un linguaggio che punta all’immediatezza. Il lettore crede a ciò che vede, diventando così più vulnerabile alla manipolazione narrativa.







