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- Il nuovo romanzo di Violetta Bellocchio, Studio privato, si sofferma sul delicato tema della salute mentale nella frenetica Milano contemporanea.
- Il libro denuncia come il sistema sanitario possa talvolta rivelarsi inadeguato e persino predatore, poiché intrappola le persone in un labirinto di trattamenti onerosi e dalla dubbia efficacia.
- L’autrice, già nota per la sua capacità di descrivere il mondo con uno sguardo critico e a volte distopico, si fa personaggio e narratrice, vittima e ingranaggio.
Violetta Bellocchio torna a illuminare le zone d’ombra della nostra esistenza con Studio privato, edito da 66thand2nd. Un anno dopo Electra (Il Saggiatore), l’autrice ci conduce in un viaggio introspettivo ambientato nella frenetica Milano, una metropoli in perpetuo divenire. In questo nuovo lavoro, Bellocchio si immerge nelle contraddizioni che lacerano l’individuo e la società, ponendo al centro il delicato tema della salute mentale.
La protagonista si muove in un labirinto di ambivalenze. Da un lato, è etichettata come “pazza”, emarginata e sottoposta a trattamenti farmacologici. Dall’altro, esercita una professione ambigua, giacché propone un “sostegno terapeutico” a facoltosi clienti disposti a pagare in nero per le sue prestazioni. Questa dicotomia riflette una realtà sociale complessa, dove la salute mentale è un argomento di crescente interesse, ma in cui il sistema impone ritmi insostenibili e performance ineccepibili.
Frammenti di vite spezzate e resilienza
Il testo presenta una sequenza articolata di episodi destinati a toccare le vulnerabilità della nostra epoca. Storie umane segnate dalla lotta contro dipendenze, isolamento e ansie sociali. In gran parte le protagoniste sono donne che sembrano avvertire con maggior intensità questo malessere collettivo, sostenendone le conseguenze più gravose, mentre gli uomini si trovano frequentemente disorientati nell’affrontare l’intricata realtà odierna.
Si assiste così a una narrazione polifonica capace di dar spazio alle voci marginalizzate dei soggetti feriti da esperienze traumatiche o da forme di discriminazione. Bellocchio non cerca risposte facili né superficiali. Invita piuttosto il lettore a interrogarsi sulle paradossali contraddizioni insite nel nostro contesto socio-culturale, suggerendo una visione della salute mentale decisamente più umana ed empatica. Inoltre, analizza i meccanismi relazionali tra terapeuti e pazienti, rivelando zone d’ombra e insidie connesse all’approccio commerciale orientato al profitto sull’altrui sofferenza.
- Un libro potente che mette in luce le fragilità... 💖...
- La mercificazione della salute mentale è un problema serio... 😠...
- E se la 'pazzia' fosse solo una diversa prospettiva...? 🤔...
I legami nello Studio privato di Bellocchio
In questo scenario desolante, emerge però anche una forma di solidarietà sotterranea, un legame invisibile tra persone che condividono esperienze simili. Un passaparola fatto di consigli e avvertimenti, un modo per proteggersi da un sistema che spesso si rivela ostile. «La strada parla», scrive Bellocchio, suggerendo di diffidare delle cliniche che lucrano sulla sofferenza, dei trattamenti standardizzati, dei professionisti che non ascoltano. Al contrario, spesso fidarsi del proprio istinto potrebbe essere la prima modalità per intraprendere un percorso di cura.
L’esperienza della malattia mentale diventa così un percorso di consapevolezza, una sfida da affrontare con coraggio e determinazione. Bellocchio non idealizza la sofferenza, ma la racconta con onestà e profondità, attraverso uno sguardo lucido e commovente sulla condizione umana.
Per orientarsi fra testo e contesto
Violetta Bellocchio, già nota per la sua capacità di descrivere il mondo con uno sguardo critico e a volte distopico, come in La festa nera (Chiarelettere, 2018), si fa personaggio e narratrice, vittima e ingranaggio di un sistema sanitario che spesso si rivela inadeguato e persino predatore. L’esperienza vissuta dalla scrittrice si fonde con quelle di molteplici persone vulnerabili, che si trovano imprigionate in un labirinto di trattamenti onerosi e dalla dubbia efficacia.
Ecco perché la sua scrittura si può considerare al tempo stesso intima e universale, capace di toccare le corde più profonde dell’animo umano. I temi di Bellocchio si collocano nel solco delle opere di Susanna Tamaro e Paolo Giordano, nelle quali spesso vengono trattate le sfumature della salute mentale con delicatezza e profondità.








