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Poesie da Gaza per scuotere le coscienze e continuare a sperare

La raccolta «Il loro grido è la mia voce» è una testimonianza della sofferenza del popolo palestinese, nonché un invito a non restare indifferenti dinanzi alla guerra in Israele.
  • La raccolta Il loro grido è la mia voce (Fazi Editore, 2025) è una testimonianza della realtà palestinese sotto assedio.
  • La poesia si erge come eco delle voci silenziate, con autori come Heba Abu Nada, morta a soli 32 anni.
  • La poesia diventa un atto di memoria, un modo per non dimenticare le vittime e per tramandare la loro storia alle generazioni future.

Il loro grido è la mia voce. Poesie da Gaza (Fazi Editore, 2025) è una raccolta collettiva di liriche che offre uno sguardo crudo e autentico sulla realtà vissuta dalla popolazione palestinese sotto assedio. Questa antologia non è solo un’opera letteraria, ma un documento storico che cattura l’essenza della sofferenza e della speranza in un contesto di conflitto permanente.

In un mondo in cui le immagini di guerra e distruzione sono filtrate attraverso schermi e media, la poesia si erge come un’eco diretta delle voci che troppo spesso vengono silenziate. Gli autori di Il loro grido è la mia voce non si limitano a descrivere la realtà, ma la vivono sulla propria pelle. Il loro dolore e la loro paura si trasformano in versi che risuonano con forza. La loro poesia non è un esercizio stilistico, ma un atto di sopravvivenza, un modo per dare un senso al caos e alla disperazione.

La raccolta curata da Fazi Editore rappresenta un’iniziativa di grande valore, poiché offre una piattaforma a poeti palestinesi, alcuni dei quali hanno perso la vita a causa del conflitto. Heba Abu Nada, ad esempio, è morta a soli 32 anni, poco dopo aver affidato alla rete la sua voce. Una voce che, insieme a quella di altri autori come Refaat Alareer, Hend Joudah e Haidar al-Ghazali, continua a raggiungersi attraverso le loro poesie, testimonianza indelebile di una realtà troppo spesso ignorata.

A che servono i versi che giungono da Gaza

La pubblicazione di Il loro grido è la mia voce solleva interrogativi sulla responsabilità del mondo occidentale di fronte a una tragedia umanitaria come quella che sta interessando la Striscia di Gaza. Mentre la nostra società, spesso immersa in dinamiche di benessere e distrazione, osserva da lontano le sofferenze di popolazioni come quella palestinese, la poesia ci ricorda l’urgenza di agire e di non rimanere indifferenti.

L’ex militare israeliano Ariel Bernstein ha espresso la sua vergogna per la distruzione metodica di un intero popolo a Gaza, sottolineando il dovere morale dell’Italia e dell’Europa di intervenire per fermare questa tragedia. La poesia, in questo contesto, diventa un appello alla coscienza, un invito a superare l’indifferenza e a spingere i nostri governanti verso una pace totale e senza condizioni.

Certo, la lettura di questi versi non è un’esperienza facile, ma è necessaria se si vuole comprendere la sofferenza che stanno patendo i palestinesi. Raramente un libro è riuscito in questo intento. Tra i pochi, Un giorno nella vita di Abed Salama. Anatomia di una tragedia a Gerusalemme, il libro con cui Nathan Thrall ha vinto il premio Pulitzer nel 2024 per la non fiction.

Cosa ne pensi?
  • ✨ Una raccolta potente che ci ricorda l'importanza della poesia......
  • 💔 Non sono d'accordo, la poesia non cambia nulla......
  • 🤔 Ma se la poesia fosse usata come strumento politico......

La poesia come arma di testimonianza

La poesia, in questo contesto, diventa uno strumento potente per testimoniare la realtà e per dare voce a chi non ne ha. Gli autori di Il loro grido è la mia voce utilizzano le parole per descrivere la distruzione, la paura, la perdita, ma anche la speranza e la resistenza.

Marwan Makhoul, ad esempio, si interroga sulla lentezza della poesia di fronte alla velocità del massacro, ma allo stesso tempo afferma che la poesia può «graffiare la vergogna» del mondo. Haidar al-Ghazali, a soli 21 anni, dà voce alla bambina che ha perso il padre mentre portava un sacco di farina. Racconto di una realtà che da Gaza assurge a simbolo universale della sofferenza umana.

La poesia, in questo senso, diventa un atto di memoria, un modo per non dimenticare le vittime e per tramandare la loro storia alle generazioni future. Come scriveva il grande poeta palestinese Mahmoud Darwish, la poesia può essere un modo per aggrapparsi al quotidiano, per non perdere il senso dei giorni di fronte all’orrore.

Per orientarsi fra testo e contesto

Il loro grido è la mia voce è un’opera che si inserisce nel contesto storico e culturale del mondo arabo. La prefazione dello storico israeliano Ilan Pappé sottolinea l’importanza della poesia nella cultura araba, mentre gli interventi di Susan Abulhawa e Chris Hedges offrono una prospettiva critica sulla situazione politica e sociale in Palestina.

La raccolta si affianca ad altre opere che hanno dato voce alla letteratura palestinese, come La terra più amata (Manifestolibri, 2024) e Rifqa di Mohammed El-Kurd (Fandango, 2022). Questi libri, insieme a Il loro grido è la mia voce, contribuiscono a creare un quadro complesso e sfaccettato della realtà palestinese, offrendo ai lettori la possibilità di approfondire la propria conoscenza e di formarsi un’opinione consapevole.


Articolo ibrido frutto dell’AI, ma revisionato da un essere umano.(scopri di più)
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