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«Sorelle» di Ada Negri, ventuno donne alla ricerca della felicità

Un viaggio attraverso alcuni ritratti femminili che la grande poetessa lombarda consegna al lettore con la forza di uno stile caratterizzato da «un’indomita fiamma».
  • «Sorelle» di Ada Negri è una raccolta, appena pubblicata da Neri Pozza, di ventuno ritratti femminili.
  • La raccolta è l’espressione quintessenziale di una sorellanza con le protagoniste riportate in vita dalla poetessa.
  • La malinconia emerge come leitmotiv, il che ha fatto intravedere una certa propensione per i temi crepuscolari.

È appena uscita, per Neri Pozza, la raccolta Sorelle di Ada Negri. Ed è un vero e proprio dono per il lettore, che non può non sentirsi rapito dalla bellezza tragica dei ritratti femminili che la penna della scrittrice lombarda dipinge. E lo fa con un linguaggio che non scade mai nella stereotipia, capace come è di far pulsare la vita, nel brillio delle metafore, nei drammi e nelle serenità ora sussurrate, ora gridate. Sorelle sono a tratti acquarelli, più spesso dei veri e propri affreschi di storia e carne, recuperati attraverso la rêverie, che svelano il senso della appartenenza all’universo femminile, capace di scandagliare il reale, di “rivoluzionarlo” con una forza e una vigoria che è solo di chi esercita fino in fondo la grazia della propria umanità, senza fronzoli o pregiudizi di sorta.

Una raccolta nel solco del verismo

Sorelle è l’espressione quintessenziale di una sorellanza con le protagoniste riportate in vita da Ada Negri, narratore omodiegetico, che consiste nello stesso vibrare di una femminilità che ora vuole essere altro, ora pretende che la propria presenza incida nella storia, come una carezza capace d’amare o come un pugno in grado di abbattere i muri della tradizione per rifondare qualcos’altro.

Scritta nel 1929, la raccolta è assai distante dal descrivere la schiera di “inetti”, che a partire dagli anni Venti del secolo scorso cominciavano a vagare fra le pieghe delle letteratura. Sorelle indugia nella vita “umile”, vera e drammatica di donne dignitose che vivono fino in fondo la propria solitudine o il proprio dolore. È anche l’affacciarsi della memoria, recuperata attraverso stilemi che ricordano, a tratti, la letteratura verista.

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  • Una nuova prospettiva sulla forza silenziosa... 🤔...

Breve ritratto di Ada Negri

Nata nel 1870 da famiglia umile, orfana assai presto del padre, Ada Negri unì la sua passione per lo studio e l’attività di poetessa con l’impegno per i grandi temi sociali. Amica di Turati e della Kuliscioff, che definì sua “sorella ideale”, fondò nel 1899 l’Unione femminile nazionale, organizzazione per l’emancipazione delle donne, attraverso l’acquisizione di diritti politici e sociali. Da Mario Rapisardi, poi, avrebbe imparato ad amare il binomio popolo e arte. Ebbe una buona fama già con la sua prima raccolta di poesie, Fatalità. Se da un lato parte della critica la riconosceva come poetessa del Quarto stato, dall’altro è anche vero che si fanno stringenti, nella sua poetica, temi esistenziali, in grado di far comprendere ciò che Negri scriveva di sé in Senza nome:

Plebe triste e dannata è mia famiglia,

Ma un’indomita fiamma in me s’alberga.

Questa indomita fiamma la porterà ad abbracciare temi cari a Walt Whitman, al verismo, specie per la sua attenzione alle classi sociali più umili, ma anche – e in Sorelle lo avvertiamo – un certo gusto per le figure femminili come dipinte dalla Scapigliatura, specie da Iginio Ugo Tarchetti.

La “malinconia” in Sorelle di Ada Negri

La “malinconia”, a volte, sembra essere un leitmotiv della raccolta, cosa che ha fatto intravedere una certa propensione per i temi crepuscolari. Di fatto essa sembra piuttosto essere il pendant di una ricerca esistenziale che è capace di ridare vita a gusti, odori, donne e situazioni in cui il dramma, quando evidente, fa emergere figure statuarie e dignitose, come quelle della classicità greca.

È questo il caso, ad esempio, della Cacciatora, protagonista del primo – il più lungo – racconto. Donna ferita dal proprio amore e abbandonata, come Arianna a Nasso, indossa un vestito maschile da cacciatore (da cui il soprannome), come per protesta di fronte alla ingiustizia subita. L’essere altro da sé sembra un grido di rivalsa e vendetta allo stesso tempo, che non riesce a tacere il desiderio di un rincontro a cui, tuttavia, l’autrice-personaggio ricorda che conservarsi donna avrebbe mantenuto più genuino il ricordo e avrebbe reso più umano il dolore.

Per orientarsi fra testo e contesto

Ada Negri ha la capacità di rendere immortali anche figure che sono appena accennate, come Nanetta dei Rissi, contadina inquieta e bruciata non solo dal sole, ma anche «da una indomabile fiamma di intelligenza» e, per questo, può essere annoverata fra le scrittrici (non poche) che hanno reso grande la storia letteraria del primo novecento e che sanno andare dritte al cuore e all’intelligenza anche oggi, poiché capaci di un linguaggio universale, come universale è il desiderio di felicità che alberga in ognuna delle ventuno donne protagoniste della sua raccolta.


Articolo scritto interamente da un essere umano “a mano”, cioè senza l’uso di AI.(scopri di più)
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